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La luce di Ischia

La luce è bella solo se trova un luogo in cui incarnarsi.

Quando si dice che c’è una bella luce, è perchè fa brillare le cose che illumina: un cielo più azzurro, gli alberi più verdi, i fiori più iridiscenti, i volti più splendenti. La luce è bella solo se trova un luogo in cui incarnarsi.
François Cheng (Cinque meditazioni sulla bellezza Bollati Boringhieri, Torino 2007).

Ci sono infiniti modi di raccontare un territorio. La scelta più facile è sicuramente quella di decantarne le bellezze paesaggistiche, ambientali (naturalmente quando ci sono), le tradizioni popolari ecc. Nel caso di Ischia, la più importante delle località turistiche per numero di visitatori e fatturato della Campania, queste vie sono state tutte grandemente battute, spesso assemblando in un unico "potpourri" materiali e spunti diversi che sarebbe invece preferibile trattare separatamente. Il risultato è una marea di informazioni, il più delle volte ripetitive quand’anche di buona fattura, che nulla aggiungono a un’isola di cui all’apparenza si sa tutto.

Conviene allora rivolgersi a quei dettagli che è in grado di cogliere solo il visitatore più attento. Sensazioni che, come scrisse il grande Pierpaolo Pasolini a proposito di Ischia, "appartengono solo alla vita e muoiono dopo cinque minuti." La «luce ischitana» è sicuramente una di queste suggestioni, in grado di ispirare artisti, altrimenti diversissimi per stile e temperamento, che hanno trovato rifugio sulla più grande delle isole flegree.

Come Auden, per dieci anni, dal 1948 al 1958, di stanza a Forio. Il grande poeta inglese, sostenitore di quelle "memorable speeches" che segnano il progressivo abbandono dei toni aulici e lirici nella letteratura del ‘900, nella sua poesia di commiato dal Sud e da quel paese dell’isola d’Ischia che per dieci anni l’aveva ospitato scrisse:

"The Greeks used to call the sun he-who-smites-from-afar, and from here, where shadows are dagger-edged, the daily ocean blue, i can see what they meant: his unwinking outrageous eye laughs to scorn any notion of change or escape."


[I Greci solevano chiamare il sole colui-che-colpisce-di-lontano, e da qui, dove le ombre hanno orli a taglio di lama, e l'oceano d'ogni giorno è azzurro, capisco che cosa intendevano: il suo occhio fermo e sdegnoso si fa beffe di qualsiasi idea di mutamento o evasione].
O come i pittori tedeschi Eduard Bargheer e Werner Gilles che, in fuga dalla Germania nazista e dalla folle pretesa di Goebbels di stabilire come dovesse essere la "nuova arte" di regime, trovarono nel loro soggiorno sull’isola nuovi e decisivi spunti tali da configurare, agli occhi della critica, una vera e propria evoluzione della loro tecnica pittorica, influenzata sino a quel momento nelle tematiche e nella scelta dei colori dalle diverse sensibilità dell’Espressionismo tedesco.

Ma è l’artista locale Mario Mazzella da Ischia Ponte, il pittore che meglio ha reso su tela e nei suoi acquerelli la luce mediterranea dell’isola d’Ischia, tra l’altro piegandola ad un immaginario domestico popolato di schiette e realistiche scene di vita dell’antico borgo marinaro in cui ha sempre vissuto e operato. 

Tra i contemporanei, è lo scrittore napoletano Erri De Luca che con più incisività ha chiarito quest’aspetto sottolineando come il clichè del "paese del sole" sia più un attributo delle isole del Golfo, in particolar modo di Ischia, in cui ha ambientato ben tre romanzi, che non di Napoli, non foss’altro per la fatica che fa il sole a penetrare negli stretti decumani del centro storico della città partenopea.

Ma anche nella stessa isola d’Ischia la luce è differente a seconda dei comuni. C’è una simpatica storiella  secondo cui i contadini del comune di Ischia accettavano "obtorto collo" di lavorare la terra a giornata nei poderi di Forio, sul versante occidentale dell’isola, perchè da questo lato il sole, quindi la luce, va via molto dopo rispetto alla costa orientale. Non è un caso dunque che i vini di maggior pregio vengano tuttora prodotti nel versante sud-occidentale dell’isola d’Ischia, perchè è da questo lato che il sole con più energia sostiene la crescita della vite, da sempre, la coltura principe dell’isola d’Ischia.

E allora, in un’isola dove il sole è il migliore alleato della popolazione, l’elemento, che insieme alla fertilità del suolo vulcanico, ha messo al riparo la maggior parte degli ischitani dalle insidie dell’andar per mare, anche i tramonti non sono mai banali. Il saluto del sole di Ischia al tramonto è il giusto regalo sia per i turisti che continuano a venirci in vacanza, che per gli isolani che giustamente non riescono a immaginare di poter vivere altrove.

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