Negli anni ‘30 del ‘900, praticamente subito dopo la conquista del potere, le autorità naziste iniziarono una sistematica opera di epurazione dei musei tedeschi dall’arte considerata “degenerata”, non in linea cioè con i valori e l’estetica promossi dal nazional-socialismo.
Il 19 luglio del 1937 il Ministro della Propaganda Joseph Goebbels si spinse addirittura ad allestire una mostra a Monaco di Baviera con più di 650 opere di quest’arte reietta. Lo scopo esplicito era quello di educare il popolo a difendersi dai messaggi decadenti e corrotti della maggior parte degli artisti in qualche modo riconducibili alle diverse sensibilità dell’Espressionismo tedesco.
Tra gli epurati anche il pittore, grafico, illustratore Werner Gilles (1894 -1961), cui però, diversamente da quanto accadde agli artisti di religione israelita, fu concesso di “auto-esiliarsi” fuori i confini del Terzo Reich.
Da qui un peregrinare umano ed artistico - che, tra l’altro, risultava congeniale al carattere dell’uomo, già abituato ai viaggi e ai soggiorni esteri - che lo portò a Ischia per la prima volta nel 1936, a dimostrazione, sul piano storico, di un maggiore rispetto e tolleranza del regime fascista nei confronti della tensione sperimentale dell’arte moderna.
Dal 1937 al 1941 Gilles trascorse i suoi inverni a Sant’Angelo (Serrara Fontana), cui fece ritorno nel 1951, dopo aver prestato servizio per la Wehrmacht nella seconda guerra mondiale.
Durante tutti gli anni ‘50 soggiornò più o meno stabilmente nel borgo marinaro di Sant’Angelo, facendo la spola con Monaco di Baviera, dove nel frattempo era diventato membro d'onore dell'Accademia di Arti Figurative.
Il “periodo ischitano” rappresenta un momento dirimente per l’evoluzione artistica di Werner Gilles. La familiarizzazione con il paesaggio vulcanico di Ischia, unitamente al riconoscimento di molteplici forme di sincretismo cristiano-pagano nella cultura e nei costumi del luogo, determinarono un cambio nella poetica di questo grande artista tedesco che, negli anni ischitani, si dedicò con successo a rendere pittoricamente il paesaggio in un modo che andasse ben oltre il vedutismo di maniera, alla ricerca di quelle verità spirituali che si nascondono dietro la bellezza degli aspetti esteriori.
La tecnica dell'acquarello, che egli trovava affine a quella dell'affresco, fu la forma espressiva prescelta per le opere ischitane. Gli acquerelli isolani, tutti di piccolo formato, rivelano una componente fantastica, decorativa e metamorfica insieme che, a detta della critica, lo avvicinano alla lezione di Vasilij Kandinskij e Paul Klee, entrambi fondatori e principali artefici del movimento artistico “Der Blaue Reiter” (Il cavaliere blu), culla dell’astrattismo del ‘900.
Resta la circostanza che Ischia - in particolar modo Forio e Sant’Angelo - fu uno dei principali punti di riferimento per l’emigrazione artistica e intellettuale tedesca. Hans Purrmann, lo “scopritore” di Luigi De Angelis, Bargheer che, tra l’altro, nel 1936 prese casa a Sant’Angelo proprio vicino all’amico e connazionale Werner Gilles, testimoniano tutti di un’ “italomania” tedesca che aveva come presupposto la convinzione di poter trovare al Sud, nel Mediterraneo, nuova ispirazione artistica.